5 Agosto 2011
Ci alziamo presto per essere all'aeroporto di Pokhara alle 6:30, il nostro volo è alle 7:20 ma siamo in balia delle previsoni del tempo. La mattina sembra buona ma dopo un po' ci informano che su a Jomsom piove e per ora non si vola. Ieri ci sono stati molti voli ma per i tre giorni precedenti nessuno era partito. Aspettiamo e le notizie si susseguono. Piove, smette, ricomincia ... ci guardiamo con un po' di ansia e un po' di speranza. Alla fine verso le 10:30 un rumore di un aereo che atterra, è il nostro, un bimotore ad elica con 15 posti della Yeti Airlines. Saliamo, mi siedo al finestrino sul lato destro per vedere le montagne, la hostess ci da' una caramella per aiutarci a compensare la variazione di pressione e del cotone da mettere nelle orecchie per il rumore delle eliche. Si parte. Lo spettacolo è splendido, monti di smeraldo, attraversati da torrenti che scendono dall'alto, così in alto che non riusciamo a vedere da dove iniziano, cascate bianche di spuma. Voliamo poco sotto i quattromila metri, contornati da giganti di sette, ottomila metri e dobbiamo superare un passo sui tremila, sentire e vedere queste immense montagne che ti sovrastano è una sensazione strana; sono abituato sulle nostre montagne ad arrivare in alto e a guardare in basso qui invece, a parte pochi alpinisti, siamo costretti sempre a guardare le cime verso l'alto. Le montagne sono vicine, sotto di noi, sono verdi splendenti, addobbate da sbuffi di nuvole, sopra bianche di neve, immense. Siamo eccitati, impauriti, il volo, diciotto minuti, finisce subito anche se per qualcuno è sembrato lunghissimo !!
La valle verso Sud
Le montagne che ci circondano
Arrivati andiamo in una guest house per fare colazione dove assaggiamo un ottimo porridge di tsampa con le mele (vedi ricetta). Incontriamo i nostri portatori Sandeep e Rajandra che si aggiungono alla nostra guida Tilak.
Tilak, Sandeep, Rajandra
Siamo pronti partiamo per un po' dovremo fare conto solo sulle nostre gambe, caminiamo attraverso Jomsom e ecco il fiume che iniziamo a risalire, in parte lungo la strada sterrata che in teoria
dovrebbe arrivare fino a Lo Mantang e di qui in Cina, altre volte camminando nel letto del fiume perché le piene si sono portate via il sentiero (strada). Il cambiamento è radicale, i due massicci dell'Annapurna e del Daulaghiri impediscono (di solito) al monsone di arrivare sino a qui, il paesaggio è quindi quasi desertico completamenrte diverso. Ho scritto di solito perché pare che quest'anno il monsone sia stato intenso anche qui provocando frane, slavine e difficoltà nell'attraversamento dei fiumi.
La valle del Kali Gandaki che risaliremo
Una larga fiumara attraversata da molti rivoli, alcuni piccoli che possiamo attraversare saltellando sui sassi altri più grandi e impetuosi. Sorgono i primi ostacoli dobbiamo superarne alcuni, ci leviamo gli scarponi, ci rimbocchiamo i pantaloni e tenendoci a vicenda formiamo un catena per sostenerci e attraversiamo la corrente impetuosa che ci arriva sopra il ginocchio. L'acqua è fredda, fangosa, scura, la corrente trascina molti sassi che sbattono contro le nostre caviglie, un po' tesi, carichi di adrenalina passiamo. Lo dovremo fare più di una volta.
Finalmente arriviamo a Kagbeni, la porta di accesso all'Upper Mustang, finora ero arrivato solo fino a qui, da domani sarà tutto nuovo.
Ricetta:
250g di orzo perlato biologico; acqua; tè (anche aromatizzato); burro; sale o zucchero a piacere; un pezzo di stoffa pulita; un macinino da caffè o un macinaspezie.
Procedere come segue: porre l'orzo perlato in una ciotola. Coprire con acqua fredda (uno o due centimetri sopra l'orzo) e lasciarlo a mollo per una notte ad assorbire quanta più acqua possibile. Al mattino dovrà essersi gonfiarto il doppio della dimensione originale, e dovrà essere bianco e opaco. Sgocciolarlo accuratamente e stenderlo su un panno pulito. Arrotolare la stoffa e strizzare per far uscire quanta più acqua possibile. Srotolare, e ridistribuire l'orzo in mezzo alla stoffa, con le dita.
Nel frattempo, scaldare una padella antiaderente a fiamma media. Quando è ben calda, gettarci una o due manciata di orzo, mescolare con un cucchiaio di legno, per evitare che i grani si attacchino. Inizialmente diventerà traslucido, poi di nuovo opaco, finché non comincerà a tostarsi. Mescolare in continuazione, fino a quando i chicchi non saranno di un piacevole color nocciola. Dovranno essere abbastanza asciutti e simili alla ghiaia.
Trasferire l'orzo tostato in un grande vassoio e lasciarlo raffreddare. Ripetere il processo fino a che tutto l'orzo sarà tostato. Si può conservare intero e aggiungerlo a stufati dieci minuti prima della fine della cottura oppure macinare con un macinacaffè o macinaspezie, fino ad ottenere la consistenza della farina.
Nella sua forma più comune, la tsampa può essere preparata ponendo in una terrina sufficientemente capiente il tè e versando la farina d'orzo tostato. Si impasta usando le dita fino a sciogliere tutto l'orzo nel tè ed ottenere una pasta liscia (prelevando piccole quantità di questa pasta si possono fare dei rotolini o delle palline). A questo impasto base può essere aggiunto del burro (la ricetta originale prevede il burro di yak ma va bene anche il burro di mucca) per amalgamare ulteriormente la farina d'orzo e il tè e rendere il tutto più nutriente. Se piace si può aggiungere anche del sale.
Si può ottenere anche una preparazione dolce aggiungendo dello zucchero alla farina d'orzo prima di aggiungere il tè. In questo caso ovviamente non va aggiunto il sale.